Lucia Borsellino è una donna che ha lottato e lotta ancora contro la mafia non solo per rendere giustizia alla morte di suo padre ma anche per porre fine a questi crimini.
Lucia Borsellino, la figlia di Paolo Borsellino chiese che venga fatta luce sui depistaggi che caratterizzano le indagini sulla morte del padre.
La Borsellino ha deposto a Caltanissetta al processo per il depistaggio della strage di via d'Amelio che vede come imputati i poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, accusati di calunnia aggravata dall'aver favorito Cosa nostra.
Lucia che già in passato era stata chiamata a testimoniare, ha parlato dell’agenda rossa del padre, dello scontro che ha avuto con Arnaldo La Barbera, proprio in merito alla scomparsa di quell’agenda, ma ha anche ricordato anche altri episodi come l’intrusione subita nel villino di Carini, solo qualche mese dopo l’attentato, in cui è stato messo sottosopra l'ufficio del padre e poi il ricordo di quei 57 giorni tra Capaci e Via d'Amelio in cui il padre attese invano una chiamata, da parte dei giudici, che non arrivò mai.
Nei 57 giorni che passarono tra Capaci e via d'Amelio, Paolo Borsellino che attendeva di essere chiamato dai giudici si espose anche mediaticamente ma non accadde nulla: "Papà era molto turbato di non essere mai stato chiamato a Caltanissetta a deporre nell'ambito delle indagini sulla morte di Falcone.
Un altro avvenimento è l’intrusione rimasta nel mistero.
Questo il racconto fatto dalla Borsellino relativamente a quell’episodio dell'intrusione avvenuta nella casa di Carini: “Entrammo nello studio di mio nonno che era quello dove mio padre si appoggiava per lavorare e lo trovammo tutto divelto, c’erano tutte le carte per terra. Era l’unica stanza che era stata messa a soqquadro”. All’epoca di quel l'intrusione venne presentata una denuncia ma in seguito emerse che non sarebbe stata trasmessa a Caltanissetta e ancora ora non si capisce se per un’omissione o perché ritenuta di poco conto da chi allora stava svolgendo le indagini.